I volti delle emozioni nella sclerosi multipla

Se diciamo sì a un singolo momento,

affermiamo non soltanto noi stessi,

ma l’intera esistenza.

Friedrich Nietzsche

 

La sclerosi multipla è una malattia cronica e degenerativa con decorso imprevedibile e che può portare a diversi problemi fisici, cognitivi ed emotivi.
Se da una parte esistono delle terapie farmacologiche in grado di “tenere a bada” l’evolversi dei sintomi, dall’altra è importante prendersi cura dell’impatto emotivo che la SM ha dal momento in cui arriva la diagnosi.
La diagnosi rappresenta un evento fortemente stressante che obbliga la persona a ripensare alla sua vita precedente e a riorganizzare la sua vita futura. Il senso di incertezza e di imprevedibilità che la diagnosi porta con sé, oltre all’assenza di una cura risolutiva, portano spesso la persona con SM e la sua famiglia a vivere un profondo senso di impotenza, accompagnato dalla paura della malattia stessa.
La paura può talvolta trasformarsi in ansia, anche a seguito di ricadute, o quando il grado di disabilità peggiora o non migliora dopo una ricaduta.
Possono insorgere pensieri negativi che riecheggiano nella mente imprigionandola in una percezione costante di pericolo.
Alcune persone possono sentirsi in colpa, e, nella ricerca di un senso, possono pensare che l’aver condotto la propria vita in un certo modo le abbia portate a sviluppare la SM.
Possono succedersi emozioni quali, la rabbia verso il destino, gli altri o se stessi per quello che sta accadendo e per l’impossibilità di fare tutto quello che si vorrebbe, la vergogna di mostrarsi “malati” per il timore di essere giudicati o di ricevere sguardi “pietosi”, o anche l’invidia verso chi riesce a fare quello che la persona ha perso.
Possono esserci momenti in cui la persona preferisce negare di avere la SM, talvolta facilitata dall’invisibilità dei sintomi, o momenti di tristezza e dolore per tutto quello che ha perso.
La cronicità della SM può portare anche a episodi depressivi spesso difficilmente riconoscibili perché comuni ai sintomi della SM, quali l’insonnia o l’ipersonnia, la difficoltà di concentrazione e la stanchezza.
Diversi studi hanno dimostrato come il rischio di sviluppare un disturbo depressivo sia legato a quanto la persona sente di poter ricevere aiuti esterni, a come interpreta la diagnosi, al livello di stress percepito al momento della diagnosi, alla presenza di recidive, alla capacità di riconoscere e gestire le emozioni e in presenza di forme progressive.
Tutto questo richiede una presa in carico globale che faccia sentire la persona al centro di una rete di supporto.
La sezione AISM di Viareggio offre un servizio di supporto psicologico, in cui le persone possono dar voce ai propri vissuti emotivi e condividere con gli altri le strategie migliori per affrontarli. Diventa così possibile accogliere i bisogni che ciascuna emozione comunica e riflettere su modi alternativi e più funzionali di pensare. E’ possibile pensare insieme e sciogliere dubbi e domande, trovare risposte a domande circa il proprio futuro negli sguardi e nelle storie che gli altri raccontano e in cui la persona può rispecchiarsi. Si possono creare dei ponti sul futuro attraverso le esperienze di chi convive con la SM da diversi anni, per gettare una speranza anche al proprio futuro.
Accrescere l’abilità emotiva e favorire la scelta di strategie di coping efficaci sono dunque due obiettivi principali del gruppo d’incontro, in cui ognuno, con coraggio, porta la propria testimonianza, condividendo parti di sé e della propria vita.
Tutte queste emozioni hanno infatti dei volti e dei nomi. AISM è fatta proprio di questo: di persone che mettono impegno e passione in quello che fanno e sono pronte a cominciare e ricominciare sempre nuove sfide, ad accogliere le novità con coraggio e talvolta anche con paura, sfidando i propri limiti.
AISM è una comunità in cui puoi sentirti parte e che ti coinvolge e avvolge in un abbraccio che senti sempre più famigliare. Per alcuni è un punto di riferimento, per altri un rifugio in cui andare quando si sentono smarriti, o un volto amico a cui chiedere un consiglio, per altri ancora il sentirsi parte di un gruppo ricreativo e la possibilità di sentirsi all’interno di una rete sociale in cui le maglie non sono mai troppo strette per entrare, né per uscire. Può rappresentare soltanto un’occasione in cui la persona può sfogare le proprie ansie, frustrazioni o la propria rabbia, per poi scomparire nel nulla. Può essere un momento in cui condividere con gli altri le proprie conquiste, o l’opportunità per chiedere informazioni o condividere domande troppo pesanti da portare da soli.
AISM ha a che fare con qualcosa di materno e allo stesso tempo con qualcosa di paterno che è in ciascuno di noi e che ciascuno di noi mette al servizio dell’altro, ognuno nel proprio unico, personale e prezioso modo.

https://www.aism.it/struttura/sezione_provinciale_aism_lucca/settimana_nazionale

 

Psiche e cibo

La ricerca di cibo rappresenta un impulso di sopravvivenza che risponde a numerosi bisogni: oltre ad avere una funzione plastica, energetica e di termoregolazione, rappresenta un mezzo di comunicazione e relazionale, contribuisce alla costruzione dell’identità personale, sociale e culturale e permette il mantenimento di uno stato di salute della persona.

A livello anatomico, l’apparato digerente è strettamente connesso con il sistema emozionale, per cui il ricorso a determinati cibi ha un effetto sul sistema limbico (ovvero, il sistema emozionale) e viceversa.

Così, l’ingestione di comfort food (cibi confortanti) appare come un tentativo di ridurre gli effetti negativi dello stress cronico, attraverso la produzione di serotonina, un antidepressivo endogeno prodotto per il 95% dall’intestino. Il ricorso a determinati alimenti è legato al tentativo di ridurre specifiche emozioni, quali, la tristezza e la solitudine attraverso il ricorso a cibi dolci, l’ansia attraverso cibi salati, la rabbia e la frustrazione attraverso cibi croccanti. Se questi comportamenti possono portare inizialmente ad una sensazione piacevole, subito dopo emergeranno emozioni quali sensi di colpa e vergogna, che minano l’autostima e il benessere globale della persona.

Anche alcuni schemi mentali rigidi, quali “tutto o niente”, e la sensazione di controllo che si attua sul cibo, come in alcuni regimi dietetici restrittivi, incrementano un rapporto disregolato con il cibo. Viene  persa la naturale capacità che il corpo ha di riconoscere quando ha fame e di cosa ha bisogno di nutrirsi.

Talvolta il cibo può anche rappresentare un comportamento autopunitivo o etero punitivo, o l’espressione di un disagio relazionale. Il cibo può trasformarsi in un sostituto dell’amore, in un tentativo di nutrire il proprio bambino interiore maltrattato, di lenire ferite passate. In questo modo si forma un circolo vizioso in cui non riusciamo a dare uno spazio autentico all’amore e all’intimità.

Le abbuffate compulsive possono rappresentare la necessità di riempire un vuoto relativo ad altri ambiti della propria vita, o un modo per alleviare uno stato di tensione attraverso il piacere immediato che dà il cibo.

Sono dunque molte le variabili che concorrono a rendere complessa la relazione con il cibo, entrando in essa in gioco fattori genetici, biologici, psicologici e ambientali.

 

Differenze tra fame fisica e fame emotiva

Esistono caratteristiche in grado di permetterci di distinguere quando la fame è emotiva, e dunque, non fisiologica, e quando è fisica (Gremigni e Letizia, 2011):

Fame emotiva Fame fisica
E’ improvvisa. E’ graduale, dà progressivi segnali.
E’ desiderio di un determinato alimento. E’ aperta a cibi diversi. Si possono avere preferenze per alcuni cibi, ma sono flessibili.
Inizia in bocca e nella mente. Nella bocca sentiamo il desiderio di degustare certi alimenti, mentre il pensiero del cibo desiderato occupa prepotentemente tutta la mente. Inizia nello stomaco (brontolio, senso di vuoto, dolore).
E’ urgente. E’ paziente.
E’ accompagnata da un’emozione spiacevole e da una situazione di disagio. E’ conseguente a una necessità fisica. Si può avere un capogiro o un abbassamento di energia.
E’ un comportamento alimentare automatico o distratto. Comporta scelte deliberate e consapevoli.
Si continua a mangiare anche dopo un senso di pienezza. Termina quando ci si sente pieni.
Dopo aver mangiato emerge un senso di colpa perché ci accorgiamo che non avevamo fame. Si comprende che mangiare è necessario.

 

 Possibili soluzioni

I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione necessitano di un approccio integrato che vada ad intervenire su tutti i livelli che contribuiscono all’insorgenza e al mantenimento del disturbo.

Così, anche l’incremento delle patologie legate all’eccesso di peso corporeo obbliga il sistema sanitario a fornire una risposta più complessa e articolata di fronte ad un problema che coinvolge non solo il corpo, ma anche la mente.

La cura non può dunque consistere solo nell’applicazione di un regime alimentare, ma è necessario anche intervenire sul comportamento, sui pensieri, sul potenziamento delle  capacità di gestione del proprio rapporto con il cibo, sul riconoscimento e sulla gestione delle emozioni che inducono a ricorrere al cibo.

Il fallimento delle diete nel trattamento del sovrappeso e dell’obesità ha messo in luce l’importanza di un intervento multidisciplinare che comprenda la figura di uno psicoterapeuta al fine di modificare, in modo stabile e duraturo, i comportamenti alimentari.

La psicoterapia si avvale di tecniche umanistiche e bioenergetiche, quali:

  • Esercizi di radicamento, volti a riconnettere la persona al corpo, al presente, alla realtà, a ciò che accade qui e ora.
  • Esercizi di auto-appoggio ed etero-appoggio, come metafora esistenziale della necessità di imparare ad appoggiarsi su se stessi e sugli altri;
  • Esercizi di contenimento-appoggio volti ad esercitare un’azione di avvolgimento protettivo che contemporaneamente definisce i confini corporei ;
  • Esercizi sulla postura volti a modificare l’immagine corporea;
  • Esercizi di respirazione, per accedere alle emozioni e all’identità, richiamando parti come il lasciarsi andare e il protendersi al mondo, nuclei tematici chiave nei disturbi alimentari.
  • Esercizi di padronanza ed espressione di sé al fine di recuperare la capacità di esprimere ciò che si sente ed esercitare un controllo consapevole di tale espressione, per rendere efficace, economica e appropriata l’espressione.
  • Tecniche di massaggio contenitivo-affettivo, volte a riconsegnare al corpo uno spazio e un vissuto piacevole, andando contemporaneamente a lavorare su schema e immagine corporee.
  • Visualizzazioni guidate, che agiscono sulla plasticità dei centri emozionali cerebrali, stimolandoli nell’evocazione di emozioni piacevoli che soppiantano quelle negative, impedendo così che queste ultime si riversino sul corpo. Hanno inoltre la caratteristica di essere un metodo meno ansiogeno per entrare in contatto con il proprio mondo interiore. In questo modo la persona può apprendere un nuovo modo con cui relazionarsi e prendersi cura di sè.
  • Monitoraggio alimentare, per individuare quali fattori influenzano la relazione con il cibo.
  • Tecniche introspettive di psicologia umanistica e trans personale che permettano di intervenire sui livelli: corporeo, emotivo, mentale e spirituale simultaneamente, riconsegnando così integrità all’identità. Attraverso queste tecniche si aiuta la persona a comprendere meglio se stessa e gli altri, permettendo così al sé di nutrirsi e di manifestarsi.
  • Mindful eating. Mindfulness significa prestare intenzionalmente attenzione a ciò che sta accadendo ed in maniera non giudicante. Nell’alimentazione ci permette di utilizzare tutti i nostri sensi, per essere totalmente presenti quando gustiamo il cibo. La mindful eating aiuta a: riconoscere i segnali di fame e sazietà; comprendere di cosa siamo realmente affamati; non giudicare il cibo; diminuire la preoccupazione per il proprio peso e la forma del proprio corpo (credenze rigide sul sé); unire la mente al corpo; recuperare il piacere connesso al cibo.
  • Arte terapia e musicoterapia che permettano alla persona di utilizzare il proprio potenziale creativo ed espressivo, riscoprendo così nuove possibilità comunicative, risorse ed autenticità.
  • Danzaterapia e biodanza: attraverso il movimento non solo il corpo viene riscoperto e vissuto nelle sue molteplici funzioni e significati, ma vengono percepiti anche i confini, il “dentro” e il “fuori”, nuclei patologici dei disturbi alimentari.
  • Training autogeno: permette di entrare in contatto con il proprio corpo in maniera non giudicante, di conoscerlo e trarne beneficio.

 

Accanto a queste tecniche può essere utile adottare alcune strategie per migliorare la relazione con il cibo. Di seguito ne vengono elencate alcune:

  1. Identifica quali pensieri, emozioni e circostanze esterne ti inducono a ricorrere al cibo e concentrati su modalità alternative per affrontarli.
  2. Accogli , accetta e apprezza qualsiasi emozione come fonte di conoscenza interiore e bussola verso il comportamento.
  3. Mangia seduto a tavola. Può aiutarti metterti un post-it “Siediti” attaccato al frigorifero.
  4. Mangia lentamente e consapevolmente, focalizzandoti sul cibo e apprezzando il sapore di ogni boccone. Porta l’attenzione ai profumi del cibo, alla sua consistenza, al gusto, fino ad assaporarne ogni singolo dettaglio. Mangiare lentamente consentirà anche al tuo stomaco di portare alla mente il segnale di sazietà, così che il corpo possa cibarsi in modo corretto.
  5. Impara a tollerare la fame e chiediti se è fame o desiderio di cibo. Nel caso in cui ti rendessi conto che non è fame ma desiderio di cibo e senti l’urgenza di assecondarlo puoi distogliere l’attenzione facendo altre attività e successivamente chiederti cosa ti induceva a ricorrere al cibo.
  6. Cerca di non fare altre attività mentre mangi (es. guardare la TV, leggere…). Questo ti permetterà di ascoltare il tuo corpo mentre mangi e di assaporare il gusto e l’odore del cibo.
  7. Mangia a tavola: evitare di mangiare in luoghi diversi permette alla tua mente di non associare altri luoghi al cibo, evitando così di ricorrere al cibo senza una reale fame fisica.
  8. E’ consigliabile fare la spesa a stomaco pieno, in base ad una lista, portando con te il denaro contato. Scegli gli alimenti da comprare cercando di sentire con il corpo quello di cui hai bisogno. Soffermati ad immaginarli, fino a pregustarli, e a sentire come risponderebbe tutto il corpo.
  9. Non preparare il cibo quando hai fame. Questo ti consente di non spilluzzicare mentre cucini e di preparare i piatti con più tempo, scegliendo in base a ciò che vuoi davvero e non a ciò che è più veloce da fare.
  10. Rendi il cibo appetibile a tutti i sensi, così da sentirti soddisfatto. La relazione con il cibo è intimamente legata al piacere, così che possiamo sentirci pienamente sazi solo quando ci sentiamo anche soddisfatti e gratificati da quello che abbiamo mangiato. Un cibo insipido o poco gustoso ci induce a mangiare altro anche quando non servirebbe.

 

Bibliografia

Ciccolini, L., & Cosenza, D. (2015). Il trattamento dei disturbi alimentari in contesti istituzionali. Milano: Franco Angeli.

Deganis, A. (2005). I disturbi alimentari: un progetto integrato comunitario. Milano: Franco Angeli.

Gordon, R. A. (1990). Eating disorders. Anatomy of a social epidemic. Blackwell Publishers Ltd, Oxford (trad. it. Anoressia e bulimia. Anatomia di un’epidemia sociale, Raffaello Cortina, Milano, 2004).

Gremigni, P., & Letizia, L. (2011). Il problema obesità. Manuale per tutti i professionisti della salute. Santarcangelo di Romagna: Maggioli.

Luzzato, P. C. (2009). Arte terapia. Una guida al lavoro simbolico per l’espressione e l’elaborazione del mondo interno. Assisi: Cittadella.

Marucci, S., & Dalla Ragione, L. (2007). L’anima ha bisogno di un luogo. Disturbi alimentari e ricerca dell’ identità. Milano: Tecniche Nuove.

Montecchi, F. (2009). Il cibo-mondo, persecutore minaccioso. Milano: Franco Angeli.

Payne, H. (1990). Creative movement & dance in groupwork. Winslow Press Limited,U.K. (trad. it. Danzaterapia e movimento creativo, Erickson,Trento,1997).

Rolla, E., & Bossolasco, M. V. (2006). Perdo peso. Un programma educativo cognitivo-comportamentale. Milano: Gribaudi.

Ruggieri, V., & Fabrizio, M. E. (1994). La problematica corporea nell’analisi e nel trattamento dell’anoressia mentale. Roma: Edizioni Universitarie Romane.

Ruggiero, G. M., & Sassaroli, S. (2014). I disturbi alimentari. Bari: Laterza.

 

CORONAVIRUS: strategie per fronteggiare lo stress e gestire le reazioni emotive

In questo momento di emergenza è importante attivare le nostre risorse di resilienza di fronte al coronavirus,  un trauma che coinvolge l’umanità intera. Accanto all’emergenza  economica e sanitaria, c’è il trauma psicologico, che sconvolge la nostra routine e le nostre certezze, minaccia la scomparsa dei nostri cari e ci mette in isolamento.
E’ allora importante fare chiarezza su quali strategie possono aiutarci ad affrontare questo momento e possono prevenire disturbi futuri, primo fra tutti, il disturbo da stress post traumatico.
Di seguito elenco alcuni suggerimenti utili ad affrontare il trauma COVID19:

  1. Scegli al massimo due momenti della giornata (lontano dal riposo notturno) per informarti, usando solo fonti autorevoli.
  2. Segui le norme igieniche attenendoti esclusivamente a quelle consigliate dal Ministero della Salute.
  3. Paura, agitazione, rabbia, irritabilità, solitudine, confusione o senso di colpa sono reazioni normali. Parlarne con qualcuno di cui ti fidi può farti sentire meglio. Se l’intensità dell’emozione fosse molto alta fai il seguente esercizio di respirazione per 5-10 minuti: inspira per 2 secondi ed espira per 4 secondi, inspira per 3 secondi ed espira per 6 secondi e così via fino a quanto sei è in grado di proseguire, facendo attenzione a svuotare bene i polmoni durante l’espirazione.
  4. Mantieni per quanto possibile le tue abitudini ordinarie nel rispetto delle norme. Il fare allenta le tensioni, e la routine manda un segnale di controllo al cervello. Se ad esempio eri solito prendere il caffè con un’amica il martedì, continua a farlo attraverso una videochiamata.
  5. Mantieni un ritmo sonno veglia regolare. Fai attività rilassanti prima di andare a dormire per aiutarti a riposare meglio e programma la giornata attivamente in modo che il corpo possa stancarsi e richiedere così il riposo.
  6. Potresti provare ansia e avere pensieri ricorrenti. Queste reazioni sono il modo attraverso cui la mente sta reagendo allo stress. Accoglile e auto rassicurati rivolgendoti a te stesso con gentilezza e amore e affidandoti alla Vita.
  7. Mangia in modo regolare e salutare. L’alimentazione aiuta a rinforzare il sistema immunitario e a preservare reazioni emotive adeguate.
  8. Rispondi al cambiamento con un atteggiamento positivo proattivo ad esempio programmando la giornata in modo da fare tutte quelle attività che non hai mai avuto tempo di fare o programmando iniziative future. Metti in campo la tua creatività per migliorare la tua quotidianità.
  9. Difficoltà di concentrazione, di memoria o nel prendere decisioni sono normali reazioni allo stress. Accoglile e sii paziente e indulgente con te stesso.
  10. Continua a mantenere le relazioni con le persone che ti fanno stare bene: questo permette di rasserenare la mente e calmare la paura.
  11. Ricordati di conversare di altro. Parlare di altro permette a mente e corpo di ricaricarsi e accedere ad emozioni piacevoli.
  12. Fai attività fisica per scaricare le tensioni e prenderti cura del tuo corpo. Appena sveglio e prima di andare a letto rotea, muovi e allunga dolcemente tutti i distretti corporei. Mentre lo fai respira facendo attenzione che la pancia si gonfi e si sgonfi con regolarità.
  13. Questo è un buon momento per accedere, ritrovare, rafforzare e consolidare la propria spiritualità ricercando un senso profondo dentro di te. La spiritualità fa parte dei bisogni fondamentali degli esseri umani ed è una risorsa potentissima per affrontare questi momenti in cui il controllo appare in parte perduto.
  14. Cerca di trovare dei modi per aiutare gli altri nei momenti di crisi ed essere coinvolto nelle attività di comunità.
  15. Racconta ai bambini la verità in modo semplice e adeguato all’età. Lo psicologo Alberto Pellai ha condiviso un racconto molto utile da leggere ai bambini che spiega il coronavirus. Questo il link per scaricare il racconto: https://www.corriere.it/cronache/20_febbraio_23/caro-bambino-ecco-perche-coronavirus-ci-fa-tanta-paura-ma-tu-non-devi-temere-13e9f8c8-5636-11ea-b447-d9646dbdb12a.shtml Video per bambini: https://www.youtube.com/watch?v=BGHwUs9ISLg
  16. Non esporre i bambini a immagini e contenuti spaventosi. Evidenzia piuttosto le notizie positive, trasmettendo fiducia.
  17. Trasmetti affetto, sicurezza e protezione. I bambini sono molto abili a decifrare il nostro comportamento non verbale e tra un messaggio con contenuto rassicurante ma tono della voce, sguardo e postura allarmate, scelgono questi ultimi.
  18. Fai in modo che i bambini possano mantenere abitudini piacevoli: gioco, attività scolastiche e movimento se possibile anche all’aria aperta.
  19. Informa i bambini che tanti professionisti molto capaci stanno lavorando per guarire gli ammalati, sottolineando gli aspetti positivi delle azioni di cura.
  20. Ogni volta che ne avrai bisogno potrai contattarmi gratuitamente a questo numero: 3342918676.
    Non aspettare che le emozioni ti soffochino, di fronte ad un trauma, l’intervento precoce e puntuale promuove risorse e previene disturbi futuri.